Artroscopia dell’anca: sì o no?

Sebbene si tratti del tipo di intervento più comune per quanto riguarda l’anca, la chirurgia protesica non è il solo modo per intervenire chirurgicamente al fine di risolvere le patologie di questa articolazione. L’artroscopia può rivelarsi utile a risolvere alcune problematiche, specie nei pazienti giovani, ma le indicazioni per cui è consigliata tale procedura sono piuttosto limitate. Vediamole insieme.

Che cos’è l’artroscopia?

Quando parliamo di artroscopia ci riferiamo a un tipo di intervento mini-invasivo che permette di agire sulla zona interessata senza praticare grosse incisioni. In contrapposizione alla classica tecnica “a cielo aperto”, l’artroscopia ha il vantaggio di risparmiare i tessuti molli consentendo un recupero più rapido. Il chirurgo ha la possibilità di visionare l’articolazione dall’interno senza aprire, ma tramite l’uso di piccoli microscopi – gli artroscopi appunto – tant’è che un tempo si utilizzava questo metodo a scopi pressoché esclusivamente diagnostici. Oggi invece, tramite l’introduzione di un bisturi, è possibile anche intervenire sull’articolazione per la risoluzione di alcune problematiche specifiche.

L’artroscopia dell’anca

Le indicazioni rispetto a questo tipo di intervento sono piuttosto limitate e riguardano quasi esclusivamente i pazienti giovani. Il vantaggio principale di questa tecnica risiede, come detto, in una minor invasività e dunque un maggior rispetto dei tessuti. Inoltre, le incisioni chirurgiche sono di dimensioni molto piccole e si traducono in cicatrici di altrettanto piccole dimensioni con un risultato estetico migliore, fattore molto importante soprattutto per i ragazzi di giovane età. Ecco le principali indicazioni:

  • conflitto femoro-acetabolare
  • displasia dell’anca
  • coxa vara
  • epifisiolisi
  • morbo di Perthes

Bisogna precisare che la principale indicazione è il conflitto femoro acetabolare soprattutto nelle fasi iniziali quando i sintomi sono lievi e non vi sono evidenti segni di artrosi come la riduzione del manto cartilagineo. Nelle altre indicazioni bisogna valutare caso per caso.  

Come si svolge l’intervento?

L’operazione può svolgersi in anestesia generale o peridurale, prima dell’intervento è dunque necessario seguire le classiche norme di preparazione richieste per qualunque intervento in anestesia. Il paziente viene posto in posizione supina o laterale, con la gamba messa in modo tale da poter inserire e muovere gli strumenti nella maniera migliore. Dopo aver fatto una radiografia di controllo dell’articolazione, il chirurgo pratica in genere 2 o 3 tagli di piccole dimensioni (si può arrivare fino a 5) per inserire la strumentazione e procede all’intervento vero e proprio che, a seconda della patologia da trattare, può utilizzare diverse procedure: labrectomia, asportazione di corpi mobili, sutura del labbro acetabolare e molte altre. 

Vantaggi e controindicazioni

Dei vantaggi abbiamo già parlato parzialmente qui sopra. Oltre alla minor invasività dell’intervento, al maggior rispetto dei tessuti e alla riduzione delle cicatrici rispetto a un intervento tradizionale, anche la riduzione dei tempi di ricovero ospedaliero e dei tempi di recupero post chirurgico si possono considerare grandi vantaggi di questo tipo di approccio.
Come già accennato, il principale svantaggio di questo tipo di intervento risiede nel potenziale bacino di utenza che è piuttosto limitato. Un’operazione di questo tipo è controindicata in caso di artrosi avanzata, di osteonecrosi della testa del femore associata a collasso dell’epifisi, di presenza di un’articolazione anchilotica o di coxa protrusa grave. Come già detto più volte, la controindicazione principale è l’età avanzata. Per tutti i casi qui sopra elencati rimane valida e risolutiva l’opzione protesica.

keyboard_arrow_up