Il dottor Baldo risponde

I pazienti che conoscono la mia attività chirurgica sono spesso curiosi. Approfondire alcuni aspetti della disciplina ortopedica permette di capire perché una soluzione può essere più adatta di altre caso per caso. Per fare un po’ di chiarezza ho deciso di raccogliere alcune delle loro domande e mettere le mie risposte a disposizione di tutti voi. Buona lettura!

Protesi d’anca con accesso per via anteriore: se è così vantaggiosa perché la fa solo lei?

Non è esattamente così, ma senz’altro i chirurghi che utilizzano questa procedura sono molto pochi. I motivi sono molteplici: innanzitutto si tratta di una tecnica difficile che rende necessaria un’attenzione quasi maniacale per ciascun piccolo dettaglio che, se trascurato, può portare a danni anche gravi.

Perché dunque un chirurgo dovrebbe rischiare di modificare la propria tecnica che è in grado di dare già risultati molto soddisfacenti con minori rischi? I vantaggi di cui può godere il paziente è la risposta, ma è necessario “ricominciare da capo” cioè imparare un nuovo modo di operare.

Questo fattore dovrebbe rendere questa procedura adatta soprattutto ai chirurghi giovani i quali però purtroppo spesso non hanno possibilità sufficienti per mettersi alla prova visto che mancano sia gli spazi che le scuole che insegnano questa tecnica. All’Università infatti la via anteriore non viene insegnata e la formazione dei chirurghi è affidata soltanto all’iniziativa di alcune aziende private e di alcuni ortopedici disponibili. Per quanto mi riguarda, cerco di fare la mia parte affiancando alla mia attività chirurgica anche quella di formazione.

L’esperienza in questo campo è fondamentale ed è quella che metto a disposizione ai giovani chirurghi con i miei più di tremila casi trattati con la via anteriore.

Qual è la sua opinione sulla Medicina Rigenerativa?

In caso di artrosi l’unico vero trattamento efficace è la protesi. La Medicina Rigenerativa è una scelta personale del chirurgo che può essere applicata negli stadi iniziali della malattia e cioè quando si osserva un consumo di cartilagine, ma l’artrosi non è ancora conclamata. Occorre essere chiari: la Medicina Rigenerativa agisce solo sul sintomo, ma non esistono a oggi evidenze scientifiche che ne certifichino la capacità di rigenerare effettivamente i tessuti danneggiati.

Per quanto mi riguarda è un tipo di trattamento che non utilizzo anche perché la mia attività si concentra in maniera specifica proprio sulla chirurgia. Questo non significa che si tratti di studi che non valga la pena approfondire, anzi. Ogni strumento nelle mani dell’ortopedico che possa aiutare il paziente a stare meglio è uno strumento prezioso. Occorre soltanto approfondire ancora di più gli studi in questo campo con la speranza di trovare elementi inequivocabili che evidenzino l’effettivo potere rigenerativo di questi trattamenti.

Artrosi: sono io il paziente più giovane che ha avuto?

Si tratta di una domanda molto comune, dovuta all’opinione diffusa che l’artrosi sia da considerare una patologia tipica soltanto dell’età avanzata. Non è così! L’artrosi infatti può essere di due tipi, primaria o secondaria. Nel primo caso la degenerazione dei tessuti è dovuta, nella maggioranza dei casi, effettivamente all’età, nel secondo caso intervengono altre cause. Questo ne fa una malattia che può senz’altro colpire anche in età relativamente giovane se più fattori di rischio concorrono allo sviluppo della malattia. Già intorno ai 40-50 anni infatti possono iniziare a manifestarsi alcuni sintomi e in quel caso un’indagine radiografica è più che opportuna. I pazienti giovani più a rischio sono senza dubbio gli sportivi agonisti: persone che hanno messo a dura prova le strutture articolari per lungo tempo e con carichi eccessivi sono tra i pazienti più comuni tra i non anziani.

E’ sempre possibile effettuarlo?

L’impianto simultaneo delle protesi è indicato in pazienti selezionati e privi di patologie associate. Il paziente dev’essere informato con precisione sul percorso post-operatorio che dovrà affrontare per quanto riguarda i tempi e le modalità di riabilitazione. Si tratta di un’opzione spesso consigliata in persone giovani e attive, in grado di affrontare una rieducazione più impegnativa a fronte di una riduzione complessiva notevole dei tempi di stop da lavoro e attività sportive. La decisione finale andrà effettuata in maniera sinergica da chirurgo, anestesista e paziente in modo da trovare la soluzione il più possibile aderente alle aspettative di ciascuna persona e rispettosa del suo stato di salute generale.

Esiste il rischio di rigetto di una protesi?

La risposta è molto semplice: no. Non esiste possibilità di allergia all’impianto, i materiali utilizzati sono studiati appositamente per scongiurare il rischio di reazioni avverse. Le complicanze che possono verificarsi naturalmente esistono, ma sono di natura diversa. Può accadere ad esempio che la protesi non si attacchi bene all’osso, la cosiddetta mobilizzazione precoce che può essere causata da errori tecnici del chirurgo o da una scarsa qualità del tessuto osseo che non è in grado di favorire il processo. Un altro tipo di complicanza che può accadere è l’infezione. Le infezioni possono essere acute (quando si manifestano entro un mese dall’intervento), sub-acute (entro un anno) o croniche (quando si verificano a distanza di più tempo per cause ematiche).

Ho molto sentito parlare delle nuove tecnologie in sala operatoria. Perché non vengono sempre utilizzate se sono così vantaggiose?

Il motivo principale, a oggi, è il costo elevato. Su larga scala i vantaggi, seppur notevoli, che garantiscono non sono tali da giustificarne un utilizzo diffuso. Se parliamo di robotica, un ulteriore fattore deterrente è il tempo. Si tratta infatti di una procedura lunga, sia in fase di preparazione che in fase di intervento e questo non la rende applicabile in tutti i casi. Tra le nuove tecnologie un cauto ottimismo ce lo offre il Kinematic Alignement, una tecnica di impianto di protesi di ginocchio che si pone l’obiettivo di rispettare l’anatomia originale dell’articolazione evitando di voler “raddrizzare” il ginocchio mentre lo si sostituisce. Il successo generale degli interventi di protesi di ginocchio non è ancora ad ottimi livelli, il 75-80% circa ha risultati tra buoni ed eccellenti, e guarda a caso si tratta della stessa percentuale di ginocchia “dritte” nella popolazione. Questo ci fa propendere per la considerazione che rispettare l’anatomia del paziente potrebbe garantire risultati molto più soddisfacenti anche per pazienti che presentano un allineamento articolare non convenzionale.

 

 

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