Infiltrazioni articolari, sì o no?

Acido ialuronico, cortisone, gel piastrinico, cellule staminali: le infiltrazioni articolari possono essere di diverso tipo, ma gli obiettivi sono gli stessi e cioè ridurre dolore e infiammazione e restituire una buona funzionalità all’articolazione, almeno sul breve periodo. In alcuni casi selezionati, le infiltrazioni possono essere d’aiuto per contribuire a posticipare l’intervento di impianto di protesi. Vediamo nel dettaglio.

Cosa sono le infiltrazioni articolari?

Le procedure infiltrative sono una pratica estremamente comune che rientra tra le tipologie di trattamenti conservativi e che consiste nell’iniezione di un liquido a scopo terapeutico. Possono essere effettuate all’interno dell’articolazione (intra-articolari) oppure all’esterno, in questo caso vengono dette peri-articolari e cioè effettuate vicino all’articolazione, ma non all’interno. 

Per quanto riguarda il liquido da iniettare, è possibile utilizzare:

  • principi attivi medicinali come il cortisone
  • molecole come l’acido ialuronico
  • materiale biologico autologo (ossia prelevato dal paziente stesso) come il plasma ricco di piastrine (PRP) o le cellule mesenchimali staminali tratte dal grasso addominale o dal midollo osseo.

Soprattutto nel caso delle infiltrazioni intra-articolari più profonde, il liquido viene iniettato con l’ausilio di macchinari molto sofisticati che guidano la mano del medico per garantire la massima precisione. Si tratta delle cosiddette infiltrazioni eco-guidate, utilizzate in modo particolare per le articolazioni molto profonde come quella dell’anca.

Indicazioni

Le infiltrazioni di questo tipo si rivelano utili in tutti i casi di artrosi in cui la degenerazione articolare non richiede ancora l’impianto di una protesi, ma inizia a causare una sintomatologia dolorosa abbastanza seria e invalidante. Si tratta di una condizione comune tra i pazienti con un’età relativamente giovane, che beneficiano di questo trattamento anche perché consente di rimandare l’intervento più invasivo di impianto di protesi e di conseguenza la necessità di eventuali revisioni. Vediamo insieme una panoramica delle principali tipologie di infiltrazione.

Cortisone

Le infiltrazioni di cortisone prevedono l’iniezione del farmaco direttamente all’interno dell’articolazione interessata dai processi infiammatori. Lo scopo di questo trattamento è tentare di circoscrivere il più possibile gli effetti collaterali del principio attivo che sono maggiori quando il farmaco viene assunto per bocca. È comunque preferibile non abusare di questo tipo di trattamento: il cortisone infatti, a fronte di una potente azione antinfiammatoria può essere dannoso per la cartilagine e può alterare la fisiologia della cartilagine stessa e dei tessuti limitrofi. Per questo motivo il numero di infiltrazioni di questo tipo va ridotto il più possibile.

Acido ialuronico

L’iniezione articolare con acido ialuronico è nota anche come viscosupplementazione, in riferimento alle caratteristiche visco-elastiche di questa molecola che ha un’azione lubrificante e ammortizzante. L’acido ialuronico è uno dei principali componenti del liquido sinoviale che contribuisce ad attutire gli stress meccanici oltre a proteggere la cartilagine dalla penetrazione di cellule infiammatorie che la degradano.

L’efficacia delle infiltrazioni con acido ialuronico dipende da tanti fattori, primo tra tutti il peso molecolare. Per migliorare l’efficacia del trattamento, di recente è stato sviluppato un acido ialuronico dal peso molecolare più elevato rispetto a quello lineare che garantisce un’efficacia maggiore e un maggior tempo di permanenza nella sede di iniezione. Tutto questo consente la possibilità di una monosomministrazione attraverso la quale è possibile lubrificare le superfici articolari, ridurre il dolore e migliorare la mobilità articolare con una singola iniezione.

PRP e cellule mesenchimali staminali

Si tratta dei più comuni trattamenti di medicina rigenerativa e gli obiettivi sono sempre gli stessi: ridurre il dolore e migliorare la mobilità articolare. Non esistono ancora evidenze scientifiche in grado di dimostrare l’effettiva capacità rigenerativa di queste infiltrazioni mentre a livello antinfiammatorio si tratta di trattamenti piuttosto validi. 

La procedura è semplice: prima si effettua un prelievo di sangue (nel caso del PRP) o di grasso addominale tramite una piccola liposuzione (nel caso delle cellule staminali) o ancora di midollo osseo (sempre per le staminali) dopodiché il materiale ottenuto viene trattato all’interno di specifici device e infiltrato nell’articolazione.
Il vantaggio di questi trattamenti risiede nel fatto che si tratta di innesti di cellule di tipo autologo per i quali sono del tutto impossibili reazioni di rigetto. Gli svantaggi risiedono principalmente nei costi, che sono piuttosto elevati, e nelle difficoltà di tipo pratico: l’utilizzo dei device e il trattamento del materiale biologico rendono la procedura meno immediata di una semplice infiltrazione. Inoltre, specie nel caso delle cellule mesenchimali, si tratta di una procedura piuttosto invasiva perché prevede un piccolo intervento chirurgico, seppure in regime di chirurgia ambulatoriale.

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