Via anteriore, l’approccio più rispettoso dei tessuti per l’impianto di una protesi d’anca

Nell’ambito della chirurgia protesica d’anca si sente sempre più parlare di intervento per via anteriore diretta. Si tratta solo di una “moda” oppure la tecnica comporta vantaggi reali? Come si svolge l’intervento e in quali casi è preferibile? A questa e ad altre domande rispondo in questo articolo cercando di fare un po’ di chiarezza.

Cosa significa impiantare una protesi d’anca?

Quando parliamo di protesi articolari ci riferiamo a quegli impianti artificiali progettati per sostituire, in toto o in parte, le porzioni articolari danneggiate da traumi o patologie la più comune delle quali è l’artrosi. Nel caso dell’anca, a essere sostituiti sono la testa del femore e l’acetabolo, quella sfera cava che contiene la testa del femore stessa e che si trova all’interno del bacino (parzialmente diverso è il discorso delle protesi di rivestimento di cui vi ho parlato qui).

Le protesi d’anca possono avere forme leggermente diverse ed essere costruite con materiali differenti, ma una delle differenze fondamentali risiede nella tecnica chirurgica utilizzata per inserire l’impianto. Negli ultimi tempi è sempre più utilizzata la tecnica per via anteriore diretta che, a differenza delle più classiche vie laterale e postero-laterale, garantisce un grado di invasività molto ridotto con un risparmio notevole dei tessuti molli periarticolari. 

Le tecniche mininvasive e la via anteriore

Il continuo perfezionarsi delle tecniche chirurgiche ha consentito nel tempo lo sviluppo di procedure mini-invasive – che cioè provocano ai tessuti traumi chirurgici molto ridotti – in grado di garantire risultati del tutto sovrapponibili alle tecniche tradizionali in termini di esito a medio e lungo termine e addirittura migliori nel breve termine, spesso con un risultato estetico più soddisfacente (cicatrici cutanee ridotte).

La via anteriore si inserisce alla perfezione nell’ambito delle procedure mini-invasive. A differenza delle tecniche tradizionali infatti, prevede un taglio cutaneo ridotto (7-8 cm contro i 15 circa della laterale e postero-laterale) e soprattutto non presenta la necessità di effettuare tagli muscolari o disinserzioni tendinee. Con questa tecnica si sfrutta lo spazio virtuale esistente tra i muscoli, che vengono infatti semplicemente divaricati, per accedere all’articolazione. Come suggerisce il termine stesso, il taglio avviene nella regione anteriore del corpo all’altezza dell’inguine per cui il paziente viene posizionato supino durante l’intervento. Questo particolare non è affatto insignificante: nel caso di protesi bilaterale ad esempio, è possibile creare un solo campo chirurgico perché non occorre spostare il paziente da un lato all’altro con conseguenti vantaggi in termini di tempistiche chirurgiche e di esposizione ai batteri, riducendo i rischi di infezione.

Vantaggi e svantaggi

I vantaggi non si riducono a quelli che ho accennato qui sopra, ma sono molto numerosi, specie nell’immediato periodo post-intervento. Poiché si mantiene integra la muscolatura il rischio di lussazione è pressoché nullo e di conseguenza non è necessario rispettare le classiche precauzioni post-operatorie quali il divieto di accavallare le gambe, l’utilizzo dell’alzawater, il divieto di indossare autonomamente calze e scarpe, ecc.

La complicanza più frequente è rappresentata dalla lesione o schiacciamento del nervo femorocutaneo laterale che in ogni caso determina una sintomatologia piuttosto irrilevante e che, nella maggior parte dei casi, si risolve autonomamente dopo qualche tempo.

Per quanto riguarda le controindicazioni, in genere si tratta di un tipo di intervento che viene sconsigliato nei pazienti obesi o con una massa muscolare particolarmente rappresentata. Anche in questi casi però la questione fondamentale è l’esperienza maturata dal chirurgo nell’eseguire queste operazioni: un chirurgo con alle spalle molti interventi di questo tipo sarà in grado di orientarsi senza problemi mentre per un chirurgo alle prime armi sarà preferibile utilizzare una tecnica tradizionale in modo da evitare un inutile prolungamento dell’intervento, con conseguente necessità di prolungare l’anestesia e un malposizionamento delle componenti che può favorire la lussazione e ridurre la durata dell’impianto.

La tecnica “bikini incision”

Una particolare variante dell’intervento per via anteriore è la cosiddetta tecnica “bikini incision”. La principale differenza consiste nella direzione del taglio cutaneo che non avviene longitudinalmente, ma in diagonale, seguendo la piega dell’inguine. Il risultato offre un vantaggio prettamente estetic, ma comunque da non sottovalutare, visto che l’età dei pazienti va sempre più abbassandosi: la cicatrice posta a livello dell’elastico degli slip è molto facile da nascondere risultando pressoché invisibile quando si indossa il costume da bagno.

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