Protesi e sport invernali, sì o no?

L’impianto di una protesi articolare non preclude affatto lo sport anzi, con le dovute precauzioni, praticare attività fisica è consigliato ai pazienti con protesi di tutte le età. Il discorso sugli sport invernali è però parzialmente diverso data la particolarità dei terreni su cui si svolgono queste attività, neve e ghiaccio, che richiede qualche precauzione in più. Vediamo nel dettaglio.

Sport e protesi

Come vi ho già spiegato più volte sul mio blog, l’attività fisica è amica degli impianti protesici. Lo sport infatti, praticato nel rispetto delle condizioni fisiche e dell’età del paziente, contribuisce a mantenere un buono stato di salute generale, rafforza i muscoli e ha un effetto benefico sull’umore, tutti fattori che non possono che contribuire al benessere del paziente protesizzato. Naturalmente, la scelta dell’attività da praticare va effettuata con attenzione tenendo conto, tra le altre cose, dell’esperienza pregressa della persona in ambito sportivo.

Per quanto riguarda gli sport invernali il discorso si fa un po’ più complesso innanzitutto perché le superfici come neve e ghiaccio risultano scivolose e dunque più rischiose rispetto alle superfici tradizionali, in secondo luogo perché le basse temperature non agevolano il riscaldamento muscolare predisponendo maggiormente al rischio di infortuni e infine perché si tratta di sport stagionali che vengono di norma praticati saltuariamente e senza un sufficiente livello di allenamento. Come si può intuire, non tutti gli sport invernali sono uguali e nemmeno tutte le tipologie di protesi richiedono le stesse precauzioni.

Lo sci e gli altri sport invernali

Gli sport che si possono praticare in inverno sono sostanzialmente di due tipi:

  • ad alto impatto (sci, snowboard, pattinaggio sul ghiaccio)
  • a basso impatto (trekking sulla neve, camminate con le ciaspole).

Come regola generale possiamo affermare che un requisito fondamentale per la pratica delle attività più impegnative è l’esperienza che la persona ha maturato prima dell’intervento in quel determinato sport. Le attività ad alto impatto sono infatti consigliabili solo se si praticavano già prima dell’intervento e solo se l’età lo consente: in un paziente non più giovane e, per le donne, dopo la menopausa la qualità ossea si abbassa così come la massa muscolare. 

Se parliamo di sportivi agonisti, la ripresa è in genere possibile nella quasi totalità dei casi se si tratta di anca mentre nel caso del ginocchio occorre qualche precauzione in più: in questi pazienti esiste un maggior rischio di fratture periprotesiche visto che le porzioni ossee vicino alla protesi sono tendenzialmente più fragili. 

Per quanto riguarda gli amatori invece gli sport ad alto impatto sono in genere sconsigliati specie se l’età del paziente è avanzata. Se proprio non se ne può fare a meno è necessario presentarsi sulle piste con una preparazione atletica adeguata, ricominciare con gradualità e con le protezioni consigliate dal medico e, in ogni caso, evitare le piste più pericolose e le condizioni atmosferiche e della neve sfavorevoli.

Anca e ginocchio, le differenze

Quale che sia la protesi impiantata, il tempo minimo di attesa prima di ritornare a praticare sport invernali dopo l’intervento è di circa cinque-sei mesi, tempistiche che però si allungano in maniera proporzionale all’età. Tra ginocchio e anca esistono però alcune differenze. 

Com’è noto il ginocchio è l’articolazione più sollecitata e più soggetta a infortuni durante la pratica degli sport invernali ad alto impatto e anche per i pazienti sui quali è stato eseguito un intervento di sostituzione di questa articolazione sussistono i rischi maggiori. A essere in pericolo non è la protesi vera e propria, che è completamente in grado di sostenere i carichi cui la sottopone lo sport, ma, come detto qui sopra, le porzioni ossee cui è attaccata la protesi che sono più fragili e quindi maggiormente soggette a fratture.
Vista la maggior possibilità di movimento che consente l’articolazione dell’anca rispetto a quella del ginocchio, il rischio principale per i pazienti con protesi d’anca è invece la lussazione cioè l’uscita della testina della protesi dal suo alloggio. Questo rischio si riduce in maniera significativa nei pazienti sottoposti a intervento per via anteriore mininvasiva che prevede il risparmio dei tessuti molli periarticolari: in quei casi infatti i muscoli non vengono tagliati né i tendini disinseriti e la stabilità dell’articolazione artificiale è ottima fin da subito.

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